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Italian to Spanish: ARQUITECTURA:
Source text - Italian Le città portuali: metodi di analisi e fattori evolutivi
La definitiva consapevolezza della inestricabile complessità raggiunta dalle strutture urbane contemporanee suggerisce, per consentire iI governo delle trasformazioni possibili, di operare a favore di una loro riduzione a parti riconoscibili. Questa riduzione a dimensioni conformi, dotate di un elevato grado di coerenza interna, attiva di conseguenza, per la definizione degli ambiti di queste aree, la nozione di paesaggio piuttosto che altre, pure partecipi di una lunga tradizione nel campo degli studi sulle città e sulla loro morfogenesi.
II testo di Sebastiano Provenzano percorre questa tendenza in atto della disciplina architettonica e urbanistica con specifico riguardo alla tematica offerta dai paesaggi propri delle aree portuali e dei lungomare urbani, ricercandone i caratteri propri, le permanenze e le differenze caratterizzate dalle variabili specifiche di ogni contesto.
II testo produce una originale classificazione degli ambiti portuali urbani, considerati come dei veri paesaggi, per cui viene articolato un ordinamento tipologico per procedere nello studio teso a fissare i termini stessi di una analisi svolta senza approssimazioni: impegno necessario soprattutto quando si affrontano le categorizzazioni tipologiche e morfologiche di ambiti urbani.
La pubblicazione indaga le principali questioni del progetto dei waterfront portuali urbani, individuando una proficua serie di concettualizzazioni: riferite in particular modo allo Studio dell'interfaccia tra porto e città come territorio di sperimentazione per il progetto urbano e alle dinamiche interscalari attivate dai progetti di riqualificazione degli ambiti portuali urbani.......
3 L'INTERFACCIA PORTO-CITTÀ'
Evoluzione e caratteri di una nuova figura del la morfologia urbana
3,1 Struttura evolutiva dei rapporti morfologici tra porto e città
3.1.1 La crisi di un binomio
Al giorno d'oggi, ed in modo particolare nelle grandi città, rimangono piccoli e labili segni dello stretto legame che
caratterizzava la morfologia delle città d'acqua, definendo come un organismo unitario il porto e la città.
Le ragioni di questa perdita di nesso formale, sono da imputare a motivazioni che già in parte citate in merito e
che hanno generato, in seno al dibattito architettonico e urbanistico, lo stesso tema del waterfront.
Queste ragioni si possono ricondurre ad un principale fattore, individuabile in una progressiva mutazione di senso
e di uso del porto, tanto dal punto di vista formale che funzionale.
I primi porti, nati in conseguenza di una condizione favorevole della morfologia della costa, stabilivano condizioni
di interdipendenza totale con il centro abitato che vi gravitava. In questo senso il porto e la città vivevano Tuno della
presenza dell'altro, in un connubio immodificabile. Nella città greca di Mileto, per esempio, la posizione centrale
dell'Agorà è articolata rispetto ai suoi due porti, quello civile e quello militare, definendo un "luogo pubblico dal quale
la città riconosce l'ambito marittimo come parte fondamentale del territorio"1. A tal proposito Wycherley scrive:
"la costruzione del porto costituì il primo progetto architettonico importante del nuovo Agorà, e oltre ad aver dotato la
città di ottimi moli, proporzionò in maniera adeguata le installazioni per il commercio. La zona del porto fu quella che
si sviluppò per prima dando impulso a tutte le altre"2.
Queste relazioni tra porto e città nel caso di Mileto (che corrisponde all'idea stessa di "città" contemporanea) sono
costitutive del senso di stretta interdipendenza tra le strutture portuali e il disegno della città, fin dai loro albori.
A ulteriore testimonianza del rapporto biunivoco tra porto e città, è utile citare il caso del Palazzo di Diocleziano a
Spalato. Qui il connubio tra città e porto diviene addirittura unità. In questo Palazzo in forma di città, vengono
capovolti gli abituali rapporti di scala. Qui è il palazzo stesso a determinare e delimitare la forma urbana.
II Palazzo è anche il porto. La città è contenuta nella sue stanze, i cortili diventano le piazze, le sue facciate, mura
urbane.3
Questo connubio, che con pesi e misure differenti, ha strutturato la forma stessa delle città d'acqua, entra in crisi,
a partire dal XIX secolo, quando le condizioni di interdipendenza vengono meno, per cause che andremo ad
analizzare. A questa crisi corrisponderá progressivamente un allontanamento fra i due soggeti, una guerra di
posizione (Boeri 1999) tra porto e città.
Le fasi, di seguito il illustrate, sono le stesse in cui Hoyle suddivide gli stadi evolutivi del rapporto di relazione tra
la città ed il porto.
A differenza di Hoyle pero, noi guarderemo alla storia di questa progressiva crasi più in termini di perdita di
relazioni formali che non di mutazione dei rapporti funzionali, indicatore, questo secondo il quale è impostato il
modello sopra riportato......
6.1 I porti nella letteratura, nella pittura, nel cinema: alcuni esempi
II luogo porto ed il suo paesaggio contraddittorio e connotante, è stato da sempre, per la sua carica espressiva,
evocativa e simbolica, soggetto privilegiato della narrazione nelle sue varie forme e fonte di ispirazione: un luogo
privilegiato dell'arte17. II porto gode di una valenza mitologica, che per un verso evoca e rappresenta un emblema
della supremazia dell'uomo sulla natura. Ma il porto è anche un luogo da scoprire nella tempesta. Si può dire quindi
che nella sua tipica dimensione evocativa al porto spetta il duplice valore di luogo insieme eroico e onirico, luogo
dell'atto e della potenza e, per quanto queste due connotazioni possano apparire contraddittorie, esse sono
compresenti spesso nella medesima narrazione. II porto così è spesso rappresentato come il luogo saldo nelle
tempeste che agitano il racconto e i personaggi, miraggio e insieme certezza, castello munito, emblema di salvezza e
anche seno materno oggetto del sogno e delle sue illusioni.
Alla prima valenza: il porto eroico (baluardo dell'ingegno umano contra le avversità climatiche e belliche),
corrisponde un iconismo classico di consolidata permanenza, al punto da costituire modello per altri successivi
emblemi portuali: il colosso di Rodi. Posto a baluardo difensivo, ad ammonimento nella misura in cui era
monumentale, cioè inespressivo ed immenso18, ha continuamente ispirato stupore e rispetto nelle sue innumerevoli
rappresentazioni pittoriche, fino alle più recenti ricostruzioni celebrala anche dal mondo del cinema (// colosso di Rodi
di Sergio Leone del 1960). La forza iconica del gigante ispirò i progettisti della Statua della Libertà, supportando le
teorie dei parallelismi storici tra il mondo classico e la nuova fondazione degli Stati Uniti19. Grazie a questo riferimento
il porto di New York, potè aspirare finalmente al ruolo di metà sicura per come si riproponevano le sue possenti
infrastrutture20. In America di Franz Kafka il protagonista approda a New York con la nave degli emigranti:
"...scorse la Statua della libertà, già da tempo avvistata, come immersa in una luce Improvvisamente ravvivata. II
braccio che portava la spada pareva si fosse rialzato in quel momento, e attorno alla sua figura alitavano le libere
aure."
Ad incarnare l'immagine del porto-mito si vuole qui citare un'opera di Claude Lorrain del 1648: Porto con
l'imbarco della regina Sheba. La tela ritrae la storia narrata nella bibbia dell'incontro tra la regina Sheba e il re
Salamone. In questa tela l'autore il lustra un porto immaginario, caratterizzato da elementi della classicità in rovina e
da una sobria architettura a lui contemporanea. II porto, turrito e protetto da un molo che si intravede, invaso dalla
luce del sole al tramonto, assume la valenza mitica di sfondo della storia, vista come costante contrapposizione tra le
certezze offerte dal porto e l'ignoto rappresentato dal mare aperto. Perenne testimone degli eventi umani, il porto
assurge in questa rappresentazione ad una dimensione metastorica, struttura salvifica, tale da essere
decontestualizzato dallo spazio e dal tempo. I due riferimenti artistici, il quadro di Lorrain e il film di Leone, possono
costituire gli estremi di uno spazio, della storia e dell'arte, all'interno del quale il porto e in generale il suo paesaggio,
sono raccontati secondo due diversi livelli di lettura: il primo che lo associa al ruolo di rifugio, di approdo nelle
intemperie fisiche o spirituali; il secondo che lo caratterizza come luogo fisico abitato da una umanità connotante e
costituente un paesaggio stereotipato.
II porto rifugio risponde alla dimensione ancestrale, primigenia attitudine di questo luogo che si connota con i
valori materni e paterni della protezione, dell'accoglienza, del luogo sicuro raggiunto. Le descrizioni letterarie fin
dall'antichità tendono ad esaltarne le garanzie di struttura di riparo dai venti e dalle intemperie.
Virgilio descrive nell'Eneide l'approdo siciliano ai piedi dell'Etna:
Portus ab accessu ventorum immotus et ingens.
Questa valorizzazione delle garanzie "prestazionali" offerte dalla infrastruttura del luogo porto permane anche
nell'Odissea ove troviamo numerose descrizioni di porti e approdi dei quali si mettono in risalto le qualità di luogo che
protegge i naviganti dalle intemperie. Omero così descrive il porto della città di Lamo:
... Bello e ampio n 'è il porto; eccelsi scogli
Cerchianlo d'ogni parte, e tra due punte,
che sporgon fuori e ad incontrar si vanno,
s'apre un angusta bocca...
In questi brani il porto, archetipo di infrastruttura, rappresenta un artefatto di cui l'uomo si è dotato fin dai primordi,
desumendone i caratteri funzionali dalla osservazione delle protezioni naturali offerte dalle morfologie dei litorali, scelte a
modello e riformulate, nel dominio razionale della geometria.Questa valenza infrastrutturale e funzionale del porto ispira
anche tutta l'iconografia di periodo greco e romano. In questo bassorilievo, ritrovato nei pressi dell'antico porto della attuale
Fiumicino, che per la felice sintesi artistica descrive quasi una summa della antica portualità, il porto è rappresentato come
un luogo brulicante di attività commerciali e traffici. La vitalità e la ricchezza della scena rappresentata nel bassorilievo che
riportiamo testimonia l'importanza attribuita nell'Antica Roma al trasporto marittimo e richiama alla mente la frase, che
Plutarco attribuisce a Pompeo, rivolta ad un equipaggio di marinai che non volevano abbandonare il porto per le avverse
condizione climatiche:
navigare necesse est, vivere non necesse.
All’immagine del porto infrastruttura, popolato da una moltitudine di personaggi, merci, navi, aderisce anche una
iconografia più recente. Si pensi alle tele di Lowry che raffigurano una Manchester industriale e cupa, che vive attorno al suo
porto, popolato da una umanità eterogenea e operosa.
In un'altra tela di Lorrain: "Tramonto su un porto di mare", viene evocato un Paesaggio intimistico e sognante
(Adorno, 1995), in cui il porto rappresenta uno sfondo quieto e solare, testimone di una vittoria dell'umanità sul mondo
della natura che si estende all'orizzonte. Le vibranti composizioni di Lorrain, restituiscono un senso totale dello spazio
e della luce in cui l'architettura collabora alla forte idealizzazione deII’immagine: sono infatti luoghi riparati, sicuri, della
51
positività e della celebrazione della avvenuta integrazione tra cultura e natura. In Petrarca il luogo riparato,
contrapposto a mari ignoti diviene porto domestico, conosciuto
...la morte fia men cruda
Se questa speme porto
A quel dubbioso passo
Chè lo spirto lasso
Non porta mai in più riposato porto
Né in più tranquilla fossa
Fuggir la carne travagliata e l'ossa21.
II porto-rifugio come luogo deII’anima, percorre trasversalmente la storia della letteratura e deII’arte esaltando la
naturale connotazione retorica di questo luogo deII’umanità inteso come luogo sicuro nelle avversità.
Molte volte no studiato
La lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione
Ma la mia vita22.
In Edgard Lee Masters, il porto è l'amaro approdo della vita: il disegno scolpito sulla lapide descrive il punto di
arrivo della navigazione, il porto in cui la barca ammaina le vele. Nella visione amara del poeta il porto e la nave a
vele ammainate, non rappresenta solo la sua morte ma la sua intera e vuota esistenza.
Nella mia giovinezza ho navigato
Lungo le coste dalmate. Isolotti
A fior d'onda emergevano, ove raro
Un uccello sostava intento a prede,
coperte d'alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l'alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne i'insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. II porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore23.
II tema del porto-rifugio come metafora della vita riemerge con forza in questi versi di Saba. Qui l'approdo con le
sue rassicuranti luci è interpretato in chiave Sturm und Drang come antitesi dell'orizzonte incerto e fiero a cui
guardano e aspirano gli spiriti non domi.
...Restammo stesi tutta la notte in una barca aperta, che dondolava presso la banchina del porto-ascoltando le
gomme scricchiolare sul molo di pietra, cercando di tenere il tempo-finchè i pescatori notturni arrivarono nel loro arco,
il loro lembo di luce: lo schiocco grasso delle onde, il vacillare dell'acqua, l'acqua a scomparti di luce...24
Robertson ripropone un ulteriore immagine di luogo lugubre, oscuro, appena conosciuto. Così il dondolare incerto
della barca, i rumori, lo sciabordio delle onde, il vacillare dell'acqua, lo star nascosti dentro una barca mentre attorno
continuano le attività del porto, sono immagini che inducono a considerare il porto come luogo di un mondo parallelo
e ignoto, del quale incomprensibile ed estraneo appare il mondo a chi non vi appratiene. Questa attitudine a
considerare il porto luogo lugubre e malinconico si conferma anche nella cinematografia: nel film Fronte del Porto di
Elia Kazan, storie di amori, di desiderio di affrancamento, di ribellione, hanno nel porto, nel suo paesaggio, il loro
sfondo tetro. Nel celeberrimo l'isola dei morti di Boeckiin, che ha il triste destino di essere associato ad Hitler che lo
elesse a suo quadro preferito, l’approdo assume caratteri complessi e misterici, i cui significati reconditi sono da
ricercare nel mondo dell'esoterismo. Nella tela, una piccola barca, con una misteriosa figura luminosa, approda in
un'isola, archetipo di tutte le isole. II quadro è stato dipinto con il deliberate intento di indurre al sogno. L'enigma e
l'ambiguità dell'immagine pittorica richiamano ad un mondo onirico in cui il realismo della rappresentazione diviene
un sofisticato codice di lettura simbolica. II lugubre approdo verso cui la barca si dirige, evoca la conclusione di un
viaggio metafisico. Boecklin per commentare la sua opera disse: "Chi guarda questo quadro deve aver timore di
disturbare il solenne silenzio con una parola espressa ad alta voce." Questo quadro per il quale si può affermare che
è tanto difficile porgli domande quanto ricevere risposte, definisce con la necessaria ambiguità un carattere
permanente degli approdi. Un carattere che si espande anche nei porti, che degli approdi costituiscono la modalità più
funzionale ed organizzata, ma non per questo meno carica di sensi e sovrassensi e che si iscrive nelle culture e nelle
sensibilità che attraversano i luoghi e i tempi, generate dalla materia stessa che nei porti chiama a raccolta, per
celebrarli, fatti e manufatti umani, dalla forte caratterizzazione simbolica.
II porto è anche luogo operoso, e così Campana, nel descrivere il porto di Genova, ne canta il lavoro sporco, i
macchinari arrugginiti, le ciminiere:
... Vasto, dentro un odor tenue vanito
Di catrame, vegliato da le lune
Elettriche, sul mare appena vivo
II vasto porto s'addorme;
s'alza la nube del le ciminiere
Mentre il porto in un do/ce scricchiolio
Dei cordami s'addorme: e che la forza
Dorme, dorme che culla la tristezza
Inconscia delle cose che saranno
E il vasto porto oscilla dentro un ritmo
Affaticato e si sente
La nube che si forma da/ vomito silente...25
52
Questo operoso intricato luogo, fu tanto degno del Futurismo da ispirare anche questo stile, a volte con
esasperazioni espressive che sfioravano il ridicolo, come in questa descrizione di una Venezia tutta porto:
Noi ripudiamo l'antica Venezia estenuata e sfatta da voluttà secolari, che noi pure amammo e possedemmo in un gran sogno
nostalgico. Ripudiamo la Venezia dei forestieri, mercato di antiquari falsificatori, calamita dello snobismo e deII’imbecillita universali,
letto sfondato da carovane di amanti, semicupio ingemmato per cortigiane cosmopolite, cloaca massima del passatismo. Noi
vogliamo guarire e cicatrizzare questa città putrescente, piaga magnifica del passato. Noi vogliamo rianimare e nobilitare il popolo
veneziano, decaduto dalla sua antica grandezza, morfinizzato da una vigliaccheria stomachevole ed avvilito dall'abitudine dei suoi
piccoli commerci loschi. Noi vogliamo preparare la nascita di una Venezia industriale e militare che possa dominare il mare
Adriatico, gran lago italiano. Affrettiamoci a colmare i piccoli canali puzzolenti con le macerie dei vecchi palazzi crollanti e lebbrosi.
Bruciamo le gondole, poltrone a dondolo per cretini, e innalziamo fino al cielo l'imponente geometria dei ponti metallici e degli opifici
chiomati di fumo, per abolire le curve cascanti delle vecchie architetture. Venga finalmente il regno della divina Luce Elettrica, a
liberare Venezia dal suo venale chiaro di luna da camera ammobigliata.
E ancora:
lo pure amai, o Venezia, la sontuosa penombra del tuo Canal Grande, impregnata di lussurie rare, e il pallore febbrile delle tue
belle, che scivolano giù dai balconi per scale intrecciate di lampi, di fili di pioggia e di raggi di luna, tra i tintinni di spade incrociate...
Ma basta! Tutta questa roba assurda, abbominevole e irritante ci da la nausea! E vogliamo ormai che le lampade elettriche dalle
mille punte di luce taglino e strappino brutalmente le tue tenebre misteriose, ammalianti e persuasive! II tuo Canal Grande allargato
e scavato, diventerà fatalmente un gran porto mercantile. Treni e tramvai lanciati per le grandi vie costruite sui canali finalmente
colmati vi porteranno cataste di mercanzie, tra una folla sagace, ricca e affaccendata d'industriali edi commerciati!...Non urlate
contro la pretesa bruttezza delle locomotive dei tramvai degli automobili e delle biciclette in cui noi troviamo le prime linee della
grande estetica futurista26.
Ma quasi contemporaneamente Ungaretti attivava una corda poetica di malinconia nel suo ermetico porto sepolto
// porto sepolto
Vi arriva il poeta
E poi torna alla luce con i suoi canti
E li disperde
Di questa poesia
Mi resta
Quel nulla
Di inesauribile segreto27.
L'ermetismo di questi versi è stato così spiegato dall'autore "il porto sepolto è il segreto che rimane in noi,
indecifrabile". Una forzatura interpretativa, resa legittima dalla specificità dei nostri intenti, può portarci ad affermare
che nel porto sepolto è possibile riscontrare i segni cancellati di una precedente struttura, sostituiti da una più recente,
come se una "colmata" solo apparentemente possa cancellare la traccia e la memoria di un segno precedente, che
rimane indecifrabile, ma presente, un porto la cui vita non può essere mai del tutto cancellata dalle sue stesse
novazioni e sostituzioni. La dimensione malinconica del porto si articola in diversi livelli emotivi. Uno è legato alla
malinconia evocata dagli arrivi e delle partenze che rappresentano una condizione di per se poeticamente densa, più
di ogni altro evento.
// bastimento avanza lentamente
Nel grigio del mattino tra la nebbia
Sull'acqua gialla d'un mare fluviale
Appare la città grigia e velata.
Si entra in un porto strano. Gli emigrati
Impazzano e inferocian accalcandosi
Nell'aspra ebbrezza dell'imminente lotta...28
Anche l'abitare nel porto crea nuove occasioni liriche, come nei versi della popolare canzone sulla rotta di
Cristoforo Colombo di Lucio Dalla
...la mia casa era sul porto
i miei sogni in riva al mare
mi sentivo marinalo
ero pronto per partire
sulla rafia di Cristoforo Colombo
io volevo andare via
per scoprire un nuovo mondo
ai confini del mio mare
e scordare casa mia...29
I versi di questa felice canzone, come pochi altri, introducono il tema del vivere nel porto, una condizione
ambiguamente oscillante tra la stanzialità e l'andarsene, come si direbbe di una nave ormeggiata che, per quanto lo
sia da sempre e arruginita, è sempre tuttavia in procinto di salpare.
E la felicitá del verso può essere considerato, non senza una forma di opportunismo per noi stessi profetico,
come inaugurante tutta una serie di estese e coinvolgenti considerazioni sul modo di sentire comune che può riferirsi
alla città quando si fa porto, quando si affaccia sul porto, quando cioè in essa convivono l'appartenenza alla terra
quanto l'anelito al mare: materia questa imprescindibile da sensazioni e da rimpianti. II porto si manifesta ancora
come un luogo del silenzio: un luogo lento, di acqua chela:
..// pesce guizza, disegnando anelli
Che spostano la vastità del porto30
Qui è lo stesso porto che misura la stessa vastità del mare; la superficie immobile di una piazza non lastricata,
nella quale l'uomo scopre di non essere amato dal mare esterno al porto ma di averlo complice in avventure
pericolose, secondo l'icastica definizione di Conrad. L'intero paesaggio portuale è spesso il soggetto di ricerca
fotografica che ne sottolinea i valori emozionali, come nell'opera di Gabriele Basilico, riferita al porto di Genova, o di
Armin Linke e Sandro Scalia nei loro più recenti scatti per il porto di Palermo31. Se la lirica esalta i caratteri riflessivi
evocati dalla solitudine dell'uomo nel porto nella filmografia invece il porto è spesso il luogo dell'azione e spesso
dell'azione violenta. Inseguimenti, omicidi, summit tra bande criminali hanno nel porto la loro scenografia privilegiata
53
che ce lo restituisce, come luogo malfamato, isolato, che gode di una certa extraterritorialità rispetto alle leggi ed al
governo delle istituzioni. In singolare distonia rispetto alla più conclamata poetica positiva, Umberto Saba coglie così
la crudezza di quei luoghi, di quelle stesse scenografie che pero si redimono nel ritrovamento di se stessi.
Spesso, per ritornare alla mia casa
Prendo un'oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
Qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va
Dall'osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci e uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l'infinito
nell'umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
Che bestemmia, la femmina che bega,
11 dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d'amore,
sono tutte creature della vita e del do/ore;
s'agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
II mio pensiero farsi
Più puro dove più turpe è la via.31
Questa incompleta rassegna di forme d'arte diverse, che cantano con diversi accenti le distinte qualità dei porti,
non può non comprendere, a nostro sommesso avviso, l'evocazione di immagini tratte dal film il pianista sull'oceano
di Giuseppe Tornatore, nel quale mare aperto e porti si alternano continuamente, mentre fermo rimane - e comune ai
due paesaggi- il rifiuto del protagonista ad entrare in una città, lui, che considera la nave dove è nato il suo mondo ed
il porto un estremo limite, per quanto incerto, tra il mare aperto e la perfida città. Una prospettiva rovesciata rispetto
alla tradizionale modalità di guardare la città, come di una carta geografica rivoltata, nella quale il mare si tiene
lontano dalla città e le concede solo una breve metafora della sua immensità, un porto: un luogo che è del mare più
che della città.
In questo rovesciamento la città diviene immensa e senza fine, il mare finito perché con lo sguardo se ne può
vedere l'orizzonte. In una scena del film, il protagonista così spiega la sua riluttanza a scendere dalla nave:
Tutta quella città... non se ne vedeva la fine...
La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine?
E il rumore.
Su quella maledettissima scaletta... era molto bello, tutto... e io ero grande con quel
cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi, era garantito che sarei sceso,
non c'era problema.
Col mio cappello blu.
Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino...
Primo gradino, secondo gradino.
Non è quel che vidi che mi fermò.
È quel che non vidi.
Puoi capirlo, fratello?, è quel che non vidi... lo cercai ma non c'era, in tutta quella
sterminata città c'era tutto tranne.
C'era tutto.
Ma non c'era una fine. Quel che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del
mondo.
Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su
questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti,
infinita è la musica che puoi tare.
Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu.
Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni e
miliardi
Milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e questa è la vera verità, che non
finiscono mai e quella tastiera è infinita.
Se quella tastiera è infinita non c'è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un
seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.
Cristo, ma le vedevi le strade?
Anche solo le strade, ce n'erano a migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una.
A scegliere una donna.
Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire.
Tutto quel mondo.
Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce.
E quanto ce n'è.
Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell'enormità, solo
a pensarla? A viverla...
lo sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta.
E di desideri ce n'erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una
prua e una poppa. Suonavi la tua felicita, su una tastiera che non era infinita.
lo ho imparato così. La terra... quella e una nave troppo grande per me. È un viaggio
troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che
non so suonare. Perdonatemi. Ma io non scenderò.
54
Lasciatemi tornare indietro.
Per favore.
(Danny Boodman T.D. Lemon Novecento)
Translation - Spanish Las ciudades portuarias: métodos de análisis y factores evolutivos
La definitiva conciencia de la inextricable complejidad alcanzada por las estructuras urbanas contemporáneas sugiere, para consentir el gobierno de las transformaciones posibles, el actuar a favor de su reducción en partes reconocibles.
Esta reducción a dimensiones ajustadas , dotadas de un elevado grado de coherencia interna, activa en consecuencia, para la definición de las áreas de estas zonas, la noción de paisaje antes que otras, aunque éstas tengan un gran tradicción en el campo de los estudios sobre ciudades y su morfogénesis.
El texto de Sebastiano Provenzano recorre esta tendencia de la disciplina arquitectónica y urbanística con especial consideración a la temática ofrecida por los paisajes típicos de las zonas portuarias y los paseos marítimos, buscando sus propias características, las permanencias y diferencias caracterizadas de las variables concretas en cada contexto.
El texto produce una original clasificación de los ambientes portuarios urbanos, considerados como verdaderos paisajes, para los cuales se establece un orden tipológico para proceder en el estudio a fijar los propios términos de un análisis desarrollado sin aproximaciones: empeño necesario sobre todo cuando se afrontan las categorizaciones tipológicas y morfológicas de los ámbitos urbanos.
La publicación analiza las principales cuestiones del proyecto de los waterfront portuarios urbanos, individuando una provechosa serie de conceptualizaciones: referidas en modo particular al Estudio de la Interfaz entre el puerto y la ciudad como territorio de experimentación para el proyecto urbano y las dinámicas intergraduadas activadas por los proyectos de recalificación de los ambientes portuarios urbanos......
3 LA INTERFAZ PUERTO-CIUDAD
Evolución y características de una nueva figura de la morfología urbanaEstructura evolutiva de las relaicones morfológicas entre puerto y ciudad
3.1.1 La crisis de un binomio
Hoy en día, y especialmente en las grandes ciudades, siguen siendo pequeñas e inestables signos de la estrecha unión que caracterizaba la morfología de la ciudad de agua, definiendo como un cuerpo unificado el puerto y la ciudad.
Las razones de esta pérdida de relación formal, son atribuibles a razones ya oportunamente mencionadas, en parte, y que han generado un debate dentro de la arquitectura y la planificación urbana, el mismo tema del waterfront.
Estas razones se puede atribuir a un factor principal, identificados en una gradual mutación de sentido
y el uso de puerto, tanto desde el punto de vista formal como funcional.
Los primeros puertos, nacidos como consecuencia de una condición favorable de la morfología costera, establecían condiciones de interdependencia total con el centro habitado que les gravitaba. En este sentido el puerto y la ciudad vivían uno de la presencia del otro, en una unión inmodificable. En la ciudad griega de Mileto, por ejemplo, la posición central del Ágora está articulada respectoa sus dos puertos, el civil y el militar, definiendo un “lugar público del cual la ciudad reconoce el ámbito marítimo como parte fundamental del territorio” 1. A tal fin Wycherley escribe:
"la construcción del puesto constituyó el primer proyecto arquitectónico importanto del nuevo Ágora, y además de haber dotado la ciudad de óptimo muelles, proporcionó de manera adecuada las instalaciones para el comercio. La zona del puerto fue aquella que se desarrolló primero dando impulso a todas las demás”. 2
Estas relaciones entre puerto y ciudad en el caso de Mileto (que corresponde a la idea misma de “ciudad” contemporánea) son constitutivas del sentido de estrecha interdependencia entre las estructuras portuarias y el diseño de la ciudad, desde sus albores.
Como testimonio posterior de la relación biunívoca entre puerto y ciudad, es útil citar el caso del Palacio de Diocleciano en Spalato. Aquí la unión entre ciudad y puerto se convierte directamente en unidad. En este palacio en forma de ciudad, vienen invertidos las relaciones habituales de escala. Aquí es el palacio mismo quien determina y delimita la forma urbana.
El palacio es también puerto. La ciudad se contiene en sus estancias, los corrales se vuelven plazas, sus fachadas, muros urbanos. 3
Esta unión, que con pesos y medidas distintas, ha estructurado la misma forma de las ciudades de agua, entra en crisis a partir del siglo XIX, cuando las condiciones de interdependencia disminuyen, por causas que analizaremos. A esta crisis corresponderá progresivamente un alejamiento entre los dos sujetos, una guerra de posiciones (Boeri 1999) entre puerto y ciudad.
Las fases, seguidamente ilustradas, son las mismas en las que Hoyle subdivide los estadios evolutivos del informe de relación entre la ciudad y el puerto.
A diferencia de Hoyle, nosotros miraremos a la historia de esta progresiva crisis más en términos de pérdida de relaciones formales que no de mutación de las relaciones funcionales, indicador éste, según el cual se plantea el modelo anteriormente mencionado.
6.Los puertos en la literatura, en la pintura, en el cine: algunos ejemplos
El sitio puerto y su paisaje contradictorio y característico, ha sido siempre, por su carga expresiva, evocador y simbólico, sujeto privilegiado de la narración en sus varias formas y fuentes de inspiración: un lugar privilegiado del arte 17. El puerto goza de un valor mitológico, que po un lado evoca y representa un emblema de la supremacía del hombre sobre la naturaleza. Pero el puerto es también un lugar para descubrir en la tempestad. Se puede decir por tanto que en su típica dimensión evocadora al puerto le espera el doble valor de lugar a la vez heroico y onírico, lugar del acto y la potencia y, en cuanto estas dos connotaciones puedan parecer contradictorias, son a menudo conjuntamente presentes en la misma narración. El puerto así es a menudo representado como el lugar firme en las tempestades que agitan la narración y los personajes, ilusión y a la vez certeza, castillo fortificado, emblema de salvación y también seno materno objeto del sueño y de sus ilusiones.
Sl primer valor: el puerto heroico (baluarte del ingenio humano contra las adversidades climáticas y bélicas), corresponde un iconicismo clásico de permanencia consolidada, hasta el punto de constituir el modelo para otros sucesivos emblemas portuarios: el Coloso de Rodas. Puesto a baluarte defensivo, como amonestación en la medida en que era monumental, es decir inexpresivo e inmenso 18, ha continuamente inspirado estupor y respeto en sus innumerables representaciones pictóricas, hasta las más recientes reconstrucciones realizadas también por el mundo del cine (El Coloso de Rodas de Sergio Leone de 1960). La fuerza iconicista del gigante inspiró los proyectista de la Estatua de la Libertad, sosteniendo las teorías de los paralelismos históricos entre el mundo clásico y la nueva fundación de los Estados Unidos 19. Gracias a esta referencia el puerto de Nueva York, pudo aspirar finalmente al papel de mitad segura por como se proponían de nuevo sus potentes infraestructuras 20. En América de Fran Kafka el protagonista desembarca en Nueva York con la nave de los emigrantes:
“...surge la Estatua de la Libertad, avistada hace tiempo, como inmersa en una luz llegada improvisamente. El brazo que porta la espada parecía fuera alzado en aquel momento, y en torno a su figura exhalaban las libres aureas.”
Para encarnar la imagen del puerto-mito se quiere aquí citar una opera e Claude Lorrain del 1648: Puerto con el embarco de la reina de Saba. La tela se refiere a la historia narrada en la Biblia del encuentro entre la reina de Saba y el rey Salomón. En esta tela el autor ilustra un puerto imaginario, caracterizado por elementos de la clasicidad en ruina y de una sobria arquitectura para él contemporánea. El puerto, con torres y protegido por un muelle que se entrevee, invadido por la luz del sol del ocaso, asume el valor mítico de fondo de la historia, vista como constante contraposición entre las certezas ofertas por el puerto y lo ignorado representado por mar aperto. Perenne testigo de los eventos humanos, el puerto se eleva en esta representación a una dimensión metahistórica, estructura salvadora, tal de llegar a descontextualizarse del espacio y del tiempo. Las dos referencias artísticas, el cuadro de Lorrain y la película de Leone, pueden constituir los extremos de un espacio, de la historia y del arte, al interior del cual el puerto y en general su paisaje, son narrados según dos niveles distintos de lectura: el primero que lo asocia a un papel de refugio, de arribo en las intemperies físicas o espirituales; el segundo que lo caracteriza como lugar físico habitado por una humanidad connotante y constitutivo de un paisaje estereotipado.
El puerto refugio responde a la dimensión ancestral, originaria actitud de este lugar que se connota con los valores maternos y paternos de la protección, de la recepción, del lugar seguro alcanzado. Las descripciones literarias desde la antigüedad tienden a exaltar las garantías de estructura de reparo de los vientos y de los temporales.
Virgilio describe en la Eneida el desembarco siciliano a los pies del Etna:
Portus ab accessu ventorum immotus et ingens.
Esta valoración de las garantías “prestacionales” ofrecidas por la infraestructura del lugar puerto permanece también en la Odisea donde encontramos numerosas descripciones de puertos y desembarcos de los que se resaltan las cualidades del lugar que protege los navegantes de las tempestades. Homero así describe el puerto de la ciudad de Lamo:
...Bello y amplio es el puerto; excelsos escollos
lo rodean por todas partes, y entre las dos puntas,
que sobresalen fuera y a encontrarse van,
se abre una angosta boca...
En estos versos el puerto, arquetipo de infraestructura, representa un artefacto del cual el hombre se ha dotado desde los inicios, de duciendo las características funcionales de la observación de las protecciones naturales ofertas de las morfologías del litoral, elegidas como modelo y reformuladas, en el dominio racional de la geometría. Este valor infraestructural y funcional del puerto inspira también toda la iconografía del periodo griego y romano. En este bajorelieve, encontrado en la zona del antiguo puerto de la actual Fiumicino, que para la feliz síntesis artística describe casi una suma de la antigua portualidad, el puerto está representado como un lugar bullicioso, de actividades comerciales y tráfico. La vitalidad y la riqueza de la escena representada en el bajorelieve que señalamos atestigua la importancia atribuida en la Antigua Roma al transporte marítimo y trae a la mente la frase, que Plutarco atribuye a Pompeo, dirigida a una tripulación de marineros que no querían abandonar el puerto por las adversas condiciones climáticas:
navigare necesse est, vivere non necesse.
A la imagen del puerto infraestructura, poblado de una multitud de personajes, mercancías, naves, adhiere tambièn una iconografia más reciente. Si se piensa en las telas de Lowry que imitando una Manchester Industrial y profunda, que vive en torno a su puerto, pobleado dun una humanidad heterogenia y activa.
En otra tela de Lorrain: “Tramonto en un puerto de mar”, se evoca un Paisaje intimista y de sueño. (Adorno, 1995), en el cual el puerto representa un fondo calmo y solar, testigo de una victoria de la humnidad sobre el mundo de la naturaleza que se extiende al horizonte. Las vibrantes conposiciones de Lorrain, restituyen un total sentido del espacio y de la luz en los cuales la arquitectura colabora en la fuerte idealización de la imagen: Son efectivamente lugares reparados, asegurados , de la
positividad y de la celebración de la efectiva integración entre la cultura y la natura. En Petrarca el lugar reparado, contrapuesto a mares desconocidos se convierte en puerto doméstico, conocido
...Será así menos cruda
la muerte, si esto espero
de aquel incierto trance;
que el alma en este lance
no puerde puerto hallar m´s lisonjero,
ni en más tranqila fosa
huir de hueso y carne fatigosa.21
El puerto refugio como luegar del alma, recorre transversalmente la historia de la literatura y del arte exalgtando la natural connotación retórica de este lugar de humanidad entendido como lugar seguro en las adversidades.
Muchas veces he estudiado
Las lápidas que me han esculpido:
una barca con las velas recogidas, en un puerto.
En realidad no es este mi destino
sino mi vida. 22
En Edgard Lee Masters, el puerto es el amargo atraco de la vida: el dibujo esculpido sobre la lápide describe el punto de llegada de la navegación, el puerto en el que la barca amaina las velas. En la visión amarga del poeta el puerto y la nave a velas recogidas, no representa solo su muerte sino su entera y vacía existencia.
En mi juventud he navegado
A lo largo de las costas dálmatas. Islotes
A flor de ola emergían, donde extraño
Un ave sostaba con intención de presa,
cubiertas de algas, resbaladizas, al sol
hermosas como esmeraldas. Cuando la alta
marea y la noche los anulaba, las velas
con el sotovento batían más mar adentro,
para hacer huir la insidia. Hoy mi reino
es aquella tierra de nadie. El puerto
enciende a los otros sus luces; yo mar adentro
mece aún el indomado espíritu,
de la vida el doloroso amor. 23
El tema del puerto-refugio como metáfora de la vida emerge de nuevo con fuerza en estos versos de Saba. Aquí la aproximación con sus fiables luces es interpretado en clave Sturm und Drang como antítesis del horizzonte incierto y fiero al que miran y aspiran los espíritus no domados.
...Permanecimos echados toda la noche en una barca abierta, que se balancealaba bajo el embarcadero del puerto -escuchando los flotadores de protección lateral crujir contra el muelle de piedra, buscando tener tiempo- hasta que los pescadores nocturnos llegaron en su arco, su borde de luz: ell rumor grave de las olas, el vacilar del agua, el agua a compartimentos de luz....24
Robertson propone de nuevo una imagen ulterior de lugar lúgubre, oscuro, apenas conocido. Así el balanceo incierto de la barca, lso rumores, la agitación de las olas, el vacilar del agua, el estar escondidos dentro de una barca mientras en torno continuan las actividades del puerto, son imágenes que inducen a considerer el puerto como luegar de un mundo paralelo y desconocido, del cual imcomprensible y extraño aparece el mundo a quien no os pertenece. Esta actitud de considerar el puerto como lugar lúgubre y melancónico se confirma también en la cinematografía: en la película Frente del Puerto de Elia Kazan, historias de amor, de deseo, de liberación, de rebelión, tienen en el puerto, en su paisaje, su fondo negativo. En el celeberrimo La isla de los muertos de Boeckiin, que tiene el triste destino de ser asociado a Hitler que lo elige como su cuadro preferido, el desembarco asume características complejas y misteriosas, cuyos significados recónditos se deben buscar en el mundo del exoterismo. En la tela, una pequeña barca, con una misteriosa figura luminosa, desembarca en una isla, arquetipo de todas las islas. El cuadro ha sido pintado con el deliberado intento de inducir al sueño. El enigma y la ambitüedad de la imagen pictórica evocan un mundo onírico en el que el realismo de la representación se convierte en un sofisticado código de lectura simbólica. El lúgubre embarcadero hacia el que la barca se dirige, evoca la conclusión de un viaje metafísico.Boecklin para comentar su obra dijo: “Quien mira este cuadro debe tener temor de disturbar el solemne silencio con una palabra expresada en voz alta.” Este cuadro para el cual se puede afirmar que es tan difícil hacerle preguntas como recibir respuestas, define con la necesaria ambigüedad un carácter permanente de los desembarcos. Un carácter que se expande también en los puertos, que de los desembarcos constituyen la modalidad más funcional y organizada, pero no por esto menos cargada de sentidos y soprasentidos y que se inscribe en las culturas y en las sensibilidades que atraviesan los lugares y los tiempos, generados por la materia misma que en los puertos llama al recogimiento, para celebrarlos, hechos y manufacturados humanos, por la fuerte caracterización simbólica.
El puerto es también lugar de trabajo y así Campana, en el describir, el puerto de Génova, canta el trabajo sucio, las maquinarias oxidadas, las chimeneas:
...Vasto, dentro un olor tenue desaparecido
De galipote, velado por las lunas
Electricas, sobre el mar apenas vivo
El vasto puerto se adormenta;
se alza la nube de las chimeneas
Mientras el puerto en un dulce crujido
De las cuerdas se adormenta: y que la fuerza
Duerme, duerme que cuna la tristeza
Inconsciente de las cosas de serán
Y el vasto puerto dentro de un ritmo
Fatigado y se siente
La nube que se forma por el vómito en silencio...25
Este activo e intrincado lugar, fue tan digno del Futurismo que inspiró también a este estilo, a veces con exasperaciones expresivas que rozaban el ridículo, como en esta descripción de una Venecia toda puerto:
Nosotros repudiamos la Venecia de los forasteros, mercado de anticuarios falsificadores, imán del snobismo y de la imbecilidad universal, cama esfondada de caravanas de amantes, semicupio sin gemas para cortesanas cosmopolitas, cloaca máxima del pasatismo. Nosotros queremos curar y cicatrizar esta ciudad putrefacta, plaga magnífica del pasado. Nosotros queremos reanimar y ennoblecer el pueblo veneciano, decaido de su antigua grandeza, adormentado con morfina por una vomitiva villaquería y desmoralizado por la costumbre de sus pequeños comercios turbios. Nosotros queremos prepara el nacimiento de una Venecia industrial y militar que pueda dominar el mar Adriático, gran lago italiano. Apurémonos a colmar los pequeños canales apestosos con las piedras de los viejos palacios que se desploman y leprosos. Quemamos las góndolas, mecedoras para cretinos, y elevemos hasta el cielo la imponente geometría de los puentes metálicos y de los creadores de humo, para abolir las curvas cascantes de las viejas arquitecturas. Venga finalmente el reino de la divina Luz Electrica a liberar Venecia de su vendible claro de luna de habitación amueblada.
Y aún:
Yo amé, o Venecia, la suntuosa penumbra de tu Gran Canal, impregnada de lujurias raras, y la palidez febril de tus bellezas, que caen de los balcone por escalas entrezadas de rayos, de hijos de lluvia y rayos de luna, entre los tintineos de espadas cruzadas...¡Pero basta!. ¡Todas estas cosas absurdas, abominables e irritantes nos produce nauseas!. ¡Y queremos ya que las lámparas eléctricas de los mil puntos de luz corten y desgarren brutalmente tu misteriosa oscuridad, enfermizas y persuasivas!. Tu Gran Canal alargado y excabado, se convertirá fatalmente en un gran puerto mercantil. ¡Trenes y tranvías lanzados por las grandes calles construidas sobre los canales finalmente colmados os llevarán pilas de mercancías, entre una multitud sagz, rica y empeñada de industriales y comerciantes!...No gritéis contra la pretendida fealdad de las locomotoras de los tranvías, de los automóviles y de las bicicletas en las cuales nosotros encontramos las primeras líneas de la gran estética futurista. 26
Pero casi contemporáneamente Ungaretti activa una cuerda poetica de melanconía en su hermético puerto sepulto
El puerto sepulto
Os llega el poeta
Y después vuelve a la luz con sus cantos
y allí dispersa
Di esta poesía
Me queda
Aquel nada
De agotado secreto. 27
El hermetismo de estos versos ha sido así explicado por el autor “el puerto sepulto es el secreto que queda en nosotros, indescifrable”. Una interpretación forzada, considerada legítima por la especificación de nuestros intentos, puede portarnos a afirmar que en el puerto sepulto es posible encontrar los signos cancelados de una estructura precedente, sustituidos por una más reciente, como si una “colmada” sólo aparentemente pueda cancelar la huella y la memoria de un signo precedente, que permanece indescifrable, pero presente, un puerto cuya vida no puede ser nunca del todo cancelada por sus mismas novaciones y sustituciones. La dimensión melanconica del puerto se articula en diversos niveles emotivos. Uno está unido a la melanconía evocada por las llegadas y las partencias que representan una condición de por sí poéticamente densa, más de cada evento restante.
El buque avanza lentamente
En el gris de la mañana entre la niebla
Sobre el agua amarilla de un mar fluvial
Parece la ciudad gris y velada.
Se entra en un puerto extraño. Los emigrantes
Enloquecen y se exasperan calcándose
En la áspera ubriaqueza de la inminente lucha...28
También el habitar en el puerto crea nuevas ocasiones líricas, como en los versos de la popular canción sobre la rueda de Cristobal Colón de Lucio Dalla
... mi casa estaba en el puerto
mis sueños en la riba del mar
me sentía marinero
sobre la estela de Cristobal Colón
yo quería irme lejos
para descubrir un mundo nuevo
a los confines de mi mar
y olvidar mi casa...29
Los versos de esta feliz canción, como pocos otros, introducen el tema del vivir en el puerto, una condición ambiguamente oscilante entre la permanencia y el marcharse, como se diría de una nave amarrada que, aunque desde siempre ha estado oxidada, está sin embargo lista para zarpar.
Y la felicidad del verso puede ser considerado, no sin una forma de oportunismo para nosotros mismos profètico, como inaugurador de toda una serie de extendidas e implicantes consideraciones sobre el modo de sentir común que puede referirse a la ciudad cuando se hace puerto, cuando se asoma al puerto, cuando en definitiva en élla conviven la pertenencia a la tierra como el hálito al mar: materia esta imprescindible de sensaciones y de llantos. El puerto se manifiesta aún como un lugar de silencio: un lugar lento, de agua quieta:
... El pez se mueve rápidamente, dibujando anillos
Que extienden la grandeza del puerto. 30
Aquí es el mismo puerto que mide la extensa grandeza del mar; la superficie inmóvil de una plaza no pavimentada, en la cual el hombre descubre no ser amado por el mar externo al puerto sino de tenerlo como cómplice en aventuras peligrosas, según la crítica definición de Conrad. El entero paisaje portuario es a menudo el sujeto de búsqueda fotográfica que subraya los valores emocionales, como en la obra de Gabriele Basilico, referida al puerto de Génova, o de Armin Linke y Sandro Scalia en sus más recientes disparos para el puerto de Palermo 31. Si la lírica exalta los carácteres reflexivos evocados por la soledad del hombre en el puerto en las películas en cambio es a menudo el lugar de la acción y a menudo de la acción violenta. Persecuciones, homicidios, summit entre bandas criminales tienen en el puerto su escenografía privilegiada
que lo restituye, como lugar de mala fama, aislado, que goza de una cierta extraterritorialidad respecto a las leyes y al gobierno de las instituciones. En singular distonía respecto a la más proclamada poética positiva, Umberto Saba acige así la crudeza de aquellos lugares, de esta mismas escenografías pero que se redimen en el reencuentro con sí mismas.
A menudo, para volver a mi casa
Cojo una oscura calle de la ciudad vieja.
Amarillo en todas los charcos se refleja
Alguna linterna, y llena está el camino.
Aquí entre la gente que viene y que va
Del bar a la casa o al lupanar,
donde son mercancías y hombre en decadencia
de un gran puerto de mar,
yo encuentro, pasando, lo infinito
en la humildad.
Aquí prostituta y marinero, el viejo
Que blasfema, la mujer que riñe,
el dragón que se sienta en la tienda
de los fritos,
la tumultuosa joven enloquecida
de amor,
son todas criaturas de la vida y del dolor;
se mueve en ellas, como en mí, el Señor.
Aquí de los humildes me siento en compañía
Mi pensamiento debe hacerse
más puro donde más fea el la calle. 31
Esta incompleta referencia a diversas formas de arte, que cantan con distintos acentos las diversas cualidades de los puertos no puede no comprender, a nuesto sumiso aviso, la evocación de imágenes tomadas de la película El pianista sobre el océano de Giuseppe Tornatore, en cuyo mar abierto y puertos se alternan continuamente, mientras permanece quieto -y común a los dos paisajes- el rechazo del protagonista a entrar en una ciudad, él, que considera la nave donde ha nacido su mundo y el puerto un extremo límite, por esto incierto, entre el mar abierto y la pérfida ciudad. Una perspectiva distinta respecto a la tradicional modalidad de mirar la ciudad como una carta geográfica girada, en la que el mar se tiene lejos de la ciudad y le concede sólo una breve metáfora de su inmensidad, un puerto: un lugar que es del mar más que de la ciudad.
En este vuelco la ciudad se convierte en inmensa y sin fin, el mar limitado porque con la mirada se le puede ver el horizonte. En una escena de la película, el protagonista así explica sus dudas sobre descender de la nave:
Toda aquella ciudad...no se veía el final...
El final, por cortesía , ¿se podría ver el final?
Y el rumor.
Sobre aquella malditísima escalera...era muy hermoso, todo...y yo era grande con aquel
abrigo, causaba buena impresión, e no tenía dudas, estaba garantizado que habría descendido
no había problema.
Con mi sombrero azul.
Primer escalón, segundo escalón, tercer escalón...
Primer escalón, segundo escalón...
No es aquello que ví lo que me paró.
Es aquello que no ví.
¿Puedes entenderlo, hermano?, y aquel que no ví...lo busqué pero no estaba, en toda aquella
exterminada ciudad menos aquel había de todo.
Había de todo.
Pero no era un fin. Aquel que no ví está donde finalizaba todo aquello. El fin del mundo.
Ahora tú piensa: un piano. Las teclas empiezan. Las teclas acaban. Tú sabes que son 88, sobre
este punto nadie puede trufarte. Ellas, no son infinitas. Tú, eres infinito, y dentro aquellas teclas,
infinita es la música que puedes hacer.
Ellas son 88. Tú eres infinito. Esto me gusta. Esto se puede vivir. Pero si tú.
Pero si yo sube sobre aquella escalera, y delante de mí se desarrolla un teclado de millones y
millardos
Millones y millardos de teclas, que no terminan jamás y esta es la verdad, que no
terminan jamás y este teclado es infinito
Si este teclado es infinita no existe música que puedas tocar. Te has sentado sobre una
sillita equivocada: aquello es el piano sobre el que suena Dios.
Cristo, ¿pero los veías los caminos?
También sólo los caminios, había millares, como hacéis vosotros ahí abajo para escoger una.
Para escoger una mujer.
Una casa, una tierra que sea la vuestra, un paisaje para mirar, un modo de morir.
Todo aquel mundo.
Aquel mundo encima que ni siquiera sabes donde se acaba.
Y cuanto hay.
No tengáis jamás miedo, vosotros, de acabar en mil pedazos sólo de pensarla, aquella enormidad, ¿sólo
de pensarla? De vivirla...
Yo he nacido sobre esta nave. Y aquí el mundo pasaba, pero a dosmil persona cada vez.
Y de deseos había también aquí, pero no ya de aquellos que podían estar tras una
proa y una popa. Tocabas tu felicidad, sobre un teclado que no era infinito.
Yo he aprendido así. La tierra...aquella es una nave demasiado grande para mí. Es un viaje
demasiado largo. Es una mujer demasiado guapa. Es un perfume demasiado fuerte. Es una música que
no sé tocar. Perdonadme. Pero yo no bajaré.
Dejadme volver.
Por favor
(Danny Boodman. T.D.Lemon Novecento)
Italian to Spanish: JURIDICO:RESERVA DE FUERO
Source text - Italian “Tutte le controversie eventualmente derivanti da o in relazione al presente contratto saranno risolte in via definitiva secondo il Regolamento di Conciliazione ed Arbitrato della Camera di Commercio Internazionale, da uno o più arbitri nominati in conformità a detto Regolamento.
Sede dell'Arbitrato sarà Parigi - Francia -
Si applicherà il Diritto Materiale Svizzero.
Lingua dell'Arbitrato sarà l'inglese.
Salvo quanto previsto dalle norme imperative del diritto sostanziale svizzero, le clausole del presente contratto prevarranno sulle norme disponibili del diritto sostanziale svizzero.”
Translation - Spanish “Todas las disputas que eventualmente surjan de o en relación con el presente contrato serán resueltas definitivamente de acuerdo con el Reglamento de Conciliación y Arbitraje de la Cámara de Comercio Internacional por uno o más árbitros designados conforme al citado Reglamento.
La sede del Arbitraje será París – Francia -.
Se aplicará el Derecho Material Suizo.
El idioma del Arbitraje será el inglés.
Con excepción de lo exigido por las disposiciones imperativas del derecho sustantivo suizo, los términos de este contrato prevalecerán sobre las normas de derecho sustantivo suizo.”
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